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Un Paese a Sei Corde

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VILLAGE LIFE

26/01/2018

Quando c'è un perché. (leggere mooolto lentamente con lunghe pause, possibilmente ascoltando l'album di Pino Forastiere)

Village Life di Pino Forastiere.
Le campane al mattino, si aprono le persiane in un sole quasi estivo, i tetti rossi di vecchi coppi e gialli di vecchi licheni del vecchio borgo accompagnano lo sguardo fino alla foschia del piano, là in fondo dove altri villaggi giacciono e una fumosa autostrada per quanto si sforzi non riesce a raggiungerti con i suoi rumori. Ti raggiungono invece i suoni degli uccelli, delle quotidianità della stradicciola in cui sorge la casa, un profumo di cucina troppo presto in funzione già al mattino. Le scale e poi il portone, la gente affaccendata ma con ritmo che visto dalla città sarebbe da moviola. L'angolo, la piazza, l'antico albero, i bambini, i vecchi, il bar, i saluti, la macchina del caffé che sbuffa sul macchiato. I mille personaggi del borgo, ognuno con la sua voce. Le pettegole sedute a ricamare maldicenze sulla porta di casa. Il tempo di uscire sulla piazza, nel sole, con la sigaretta tra le dita a lasciarsi pettinare dalla brezza che scende dal monte, il tempo di affacciarsi alla balaustra che richiude la piazza su cui sedersi e pensare che forse si vorrebbe andare, dove? E poi girarsi verso le case che si accumulano l'una sull'altra fino su alla parrocchiale. Signora, ciao, come va, hai visto, buongiorno, ma tuo fratello, è andata in città, parte presto, torna tardi, ciao, passi dopo, hai visto, ciao, le chiacchiere della piazzetta, ciao, com'è, si tira avanti, ciao…


A questo punto la domanda nel lettore sorge spontanea: ma di che cosa parli, Brioschi? Io non so fare "analisi", "agogica", "critica musicale", tra l'altro io di Adorno (Theodor Wiesegund) me ne frego. E allora di che posso scrivere? Posso dirvi di quello che secondo me è questa musica: un racconto. Avrebbe potuto essere letteratura, cinema, pittura. Posso dire quello di cui secondo me parla Forastiere in questo album, forse il più difficile, il più musicalmente complesso che abbia mai realizzato. Lo stamperà? Mistero e calzini corti come avrebbe detto un mio amico. Io spero di sì, e spero lo comprino e lo ascoltino in tanti, tantissimi. Signore e Signori, per me questa è la musica del nostro tempo, la musica che legge e racconta la nostra vita, in un mix di influenze le più distanti tra loro, che nulla della musica recente o passata ignora. Racconta il quotidiano di questo nostro tempo bizantino e corrotto, come avrebbe detto un altro mio amico. Con un alito di speranza e fiducia nella bellezza, però. Ma è difficile da ascoltare, da capire, questa musica! E' dissonante! Non c'è niente da capire, davvero. Le dissonanze sono parte della vita, sono la vita. Basta ascoltare. Basta lasciarsi andare alle immagini, alle suggestioni, ai piccoli suggerimenti che Pino sparge tra nota e nota e ti sussurra all'orecchio. La puoi perfino adoperare come musica di sottofondo, la qualità del racconto non scema, anzi ti costringe quasi all'ascolto. So che lo stile di quanto ho scritto non piacerà ai "puzza al naso" dell'ortodossia chitarristica. So anche però che la musica DEVE avere una sua drammaturgia, per piacermi. E questa ce l'ha.

 

 





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