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Un Paese a Sei Corde

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Spettatori per caso a Baceno (!)

03/11/2014

Come fu che ascoltammo del buon blues alla Sagra Mele e Miele: la Fabio Marza Band

Se vai alla sagra del Miele e delle Mele di Baceno, in questo caldo, luminosissimo 2 novembre, circondati da meravigliose montagne che dialogano perfettamente con un cielo di un azzurro che non ti so spiegare e dei boschi nei colori più di moda questo autunno, e ci trovi anche ottimo blues, bhé questa è una sorpresa!
Gli organizzatori mi perdonino la sottovalutazione, ma in una sagra mi aspettavo al massimo il coro alpino con la montanara o l'orchestrina di liscio. Invece abbiamo fatto proprio bene io e consorte a fermarci per sentire quella band così piccola su un palco così piccolo, con un'amplificazione così casalinga e strana (le casse del PA erano di tipo e marca diverse…) sotto ad una tensostruttura dedicata ai riti del cibo.
A incuriosirmi è stato vedere spuntare una Gibson color oro (SG, quella con i cornetti) di lungo corso, una Dean resofonica ed una (urp!) Ibanez nera acustica, collegate ad un classico ampli Fender. Dall'altra parte della pedanina un glorioso MarkBass ed un basso Fender, ed in mezzo una batteria a piatti bassi, segno per me, di un batterista di sostanza, più attento alla musica che ai numeri da circo.
"Che genere fate?" domando al chitarrista mentre sta montando le apparecchiature.
"Blues - risponde lui con orgoglio - pezzi originali. Abbiamo appena fatto il nostro terzo cd. L'abbiamo registrato dal vivo settimana scorsa."


Al vedere una ragazzina dai capelli rossi alta un metro o poco più, tutta di nero vestita con chiodo d'ordinanza e stivali, fare il check dei microfoni arrampicandosi quasi per raggiungerli, ho deciso che si doveva rimanere almeno per sentire i primi pezzi.
Siamo rimasti tutto il concerto. Perché la Fabio Marza Band suona bene, Fabio il chitarrista è bravo, l'altro Fabio che suona il basso è nella semplicità una bella base e Max il batterista uno giusto. Perché i pezzi sono curati, non buttati via sui soliti tre accordi, perché hanno suonato con quel gran califfo di Paolo Bonfanti e con quel maghetto di Alex Gariazzo e ne hanno capito le lezioni. Perché Greta, la ragazzina con i capelli rossi, oltre a fare i coretti si è esibita in un pezzo come solista sciorinando una voce da coltivare sì, ma molto, molto interessante. Perché il Fabio Marzaroli, pur con concessioni rockeggianti alla Jimmy Page (e concediamogliele!) è semplice e rigoroso negli assoli, perché la sezione ritmica è un po' più di una sezione ritmica e sa contrappuntare e sottolineare con bravura il lavoro di chitarra e canto. Anche quando ha imbracciato la resofonica il risultato è stato più che soddisfacente. Unica pecca la (urp!) Ibanez acustica, che, per carenze intrinseche, non riusciva a rendere nei pezzi nei quali è stata impiegata e avviliva le doti chitarristiche del Marzaroli. Che begli assoli però con la Gibson in "Red House" e in "Dark Room"!
Come si diceva una volta: un bel "power trio", senza chitarra d'accompagnamento, che ha sfoderato doti per me (scusate, non li conoscevo proprio!) inusitate.
Il pubblico attento purtroppo non era molto, ma appassionato. D'altra parte il blues non è esattamente roba da sagra, perlomeno non qui sulle Alpi, forse al di là della grande tazza, nei mitici USA, tra i campi di cotone...
Brava la Fabio Marza Band, da seguire.





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